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26 novembre 2011 6 26 /11 /novembre /2011 20:04

" Dida, da ragazza, si pettinava in un certo modo che piaceva non soltanto a lei, ma anche a me, moltissimo. Appena sposata, cangiò pettinatura. Per lasciarla fare a suo modo io non le dissi che questa nuova pettinatura non mi piaceva affatto. Quand'ecco, una mattina, m'apparve all'improvviso, in accappatojo, col pettine ancora in mano, acconciata al modo antico e tutt'accesa in volto. 'Gengè!' mi gridò, spalancando l'uscio, mostrandosi e rompendo in una risata. Io restai ammirato, quasi abbagliato.

'Oh,' esclamai, 'finalmente!'

Ma subito ella si cacciò le mani nei capelli, ne trasse le forcinelle e disfece in un attimo la pettinatura.

'Va'là!' mi disse. 'Ho voluto farti uno scherzo. So bene, signorino, che non tipiaccio pettinata così!'

Protestai, di scatto: ' Ma chi te l'ha detto, Dida mia? Io ti giuro, anzi, che...' Mi tappò la bocca con la mano.

'Va'là!' ripetè. ' Tu me lo dici per farmi piacere. Ma io non debbo piacere a me, caro mio. Vuoi che non sappia come piaccio meglio al mio Gengè?' E scappò via. Capite? [...] E io - ora che tutto alla fine mi s'era chiarito - cominciai a divenire terribilmente geloso - non di me stesso, vi prego di credere: voi avete voglia di ridere! - non di me stesso, signori, ma di uno che non ero io, di un imbecille che s'era cacciato tra me e mia moglie; non come un'ombra vana, no, - vi prego di credere - perché egli anzi rendeva me ombra vana, me, me, appropriandosi del mio corpo per farsi amare da lei."

 

Uno, nessuno e centomila  è un romanzo scritto nel 1926 da Luigi Pirandello, poeta, drammaturgo e scrittore italiano. Il romanzo si presenta come un lungo monologo del protagonista, Vitangelo Moscarda, intento a ripercorrere le varie fasi della sua "pazzia" che ha preso l'avvio da una banale considerazione sul suo naso da parte di sua moglie. Interpellando direttamente il lettore, Moscarda rifletterà sul concetto di persona scoprendo che ogni essere umano può, a ben vedere, venire considerato come uno, nessuno e centomila.

 

Consigliato per tutti i gusti e per tutte le età.

 

 

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25 novembre 2011 5 25 /11 /novembre /2011 20:45

" Dico adunque che già erano gli anni della fruttifera incarnazione del Figliuolo di Dio al numero pervenuti di milletrecentoquarantotto, quando nella egregia città di Fiorenza, oltre a ogn'altra italica bellissima, pervenne la mortifera pestilenza: la quale, per operazion de' corpi superiori o per le nostre inique opere da giusta ira di Dio a nostra correzione mandata sopra i mortali, alquanti anni davanti nelle parti orientali incominciata, quelle d'innumerabile quantità de' viventi avendo private, senza ristare d'un luogo in uno altro continuandosi, verso l'Occidente miserabilemente s'era ampliata."

 

  Il Decameron è una raccolta di novelle scritte fra il 1349 e il 1351 da Giovanni Boccaccio, scrittore e poeta italiano. Nei primi passi dell'introduzione vengono illustrati gli effetti dell'epidemia di peste che nel 1348 ha colpito la città di Firenze; dieci giovani, sette donne e tre uomini, decidono di trasferirsi in campagna nel tentativo di sfuggire alla malattia. Viene così delineata la cornice che farà da sfondo alla narrazione: ogni membro del gruppo dovrà raccontare una novella al giorno; dieci novelle al giorno, quindi, per un totale di cento (centouno, considerando la 'novella delle papere' narrata da Boccaccio stesso nell'introduzione alla IV giornata).

 

Consigliato per tutti i gusti.

 

 

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23 novembre 2011 3 23 /11 /novembre /2011 08:48

" Quivi con questa testa nella sua camera rinchiusasi, sopra essa lungamente e amaramente pianse, tanto che tutta con le sue lagrime la lavò, mille basci dandole in ogni parte. Poi prese un grande e un bel testo, di questi ne' quali si pianta la persa o il basilico, e dentro la vi mise fasciata in un bel drappo; e poi messavi sù la terra, sù vi piantò parecchi piedi di bellissimo basilico salernitano, e quegli da niuna altra acqua che o rosata o di fior d'aranci o delle sue lagrime non innaffiava giammai. E per usanza aveva preso di sedersi sempre a questo testo vicina e quello con tutto il suo disidero vagheggiare, sì come quello che il suo Lorenzo teneva nascoso: e poi che molto vagheggiato l'avea, sopr'esso andatesene cominciava a piagnere, e per lungo spazio, tanto che tutto il basilico bagnava, piagnea."

 

  Il Decameron è una raccolta di novelle scritte fra il 1349 e il 1351 da Giovanni Boccaccio, scrittore e poeta italiano. La protagonista di questa novella, Ellisabetta da Messina, si innamora del giovane Lorenzo; il loro amore  è ostacolato dai tre fratelli di Ellisabetta che attirano Lorenzo fuori città con un pretesto e lo uccidono. Una notte il fantasma di Lorenzo appare in sogno a Ellisabetta, rivelando dove il suo corpo è stato sepolto; dopo aver disseppellito il corpo del suo defunto amante, Ellisabetta ne recide la testa e la sotterra dentro a un vaso di basilico, bagnandolo e nutrendolo con le sue lacrime. I tre fratelli, scoperta la testa di Lorenzo dentro al vaso, decidono di nasconderla ed Ellisabetta, senza più alcuna voglia di vivere, 'piagnendo si morì'.

 

Consigliato per tutti i gusti.

 

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21 novembre 2011 1 21 /11 /novembre /2011 19:10

" Fu, secondo che io già intesi, in Perugia un giovane il cui nome era Andreuccio di Pietro, cozzone di cavalli, il quale, avendo inteso che a Napoli era buon mercato di cavalli, messisi in borsa cinquecento fiorin d'oro, non essendo mai più fuori di casa stato, con altri mercatanti là se n'andò. Dove giunto una domenica sera sul vespro, dall'oste suo informato la seguente mattina fu in sul Mercato, e molti ne vide e assai ne gli piacquero e di più e più mercato tenne, né di niuno potendosi accordare, per mostrare che per comperar fosse, sì come rozzo e poco cauto più volte in presenza di chi andava e di chi veniva trasse fuori questa sua borsa de' fiorini che aveva. E in questi trattati stando, avendo esso la sua borsa mostrata, avvenne che una giovane ciciliana, bellissima, ma disposta per piccol pregio a compiacere a qualunque uomo, senza vederla egli, passò appresso di lui e la sua borsa vide e subito seco disse: 'Chi starebbe meglio di me se quegli denari fosser miei?' "

 

Il Decameron è una raccolta di novelle scritte fra il 1349 e il 1351 da Giovanni Boccaccio, scrittore e poeta italiano. Il protagonista di questa novella, Andreuccio da Perugia, giunto a Napoli per comprare dei cavalli, scampa a tre grandi disavventure per poi ritornare a casa molto più ricco di prima. Una prostituta si finge sua sorella per ottenere il suo denaro che incautamente ha mostrato in pubblico; riuscito a sfuggire a una morte certa, Andreuccio incontra due ladri decisi a depredare il sepolcro dell'arcivescovo morto recentemente; dopo essere stato abbandonato dai ladri nel sepolcro, Andreuccio riesce a sfuggire a questa trappola quando, per pura coincidenza, un prete decide di aprire il sepolcro per controllarne lo stato; Andreuccio è quindi in grado di tornare a casa dopo aver tenuto per sè un preziosissimo anello prelevato dalla tomba dell'arcivescovo.

 

Consigliato per tutti i gusti.

 

 

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20 novembre 2011 7 20 /11 /novembre /2011 16:25

Storia del regno di Mangionia

 

" Sul lontano, antico paese di Mangionia, a est del ducato di Bevibuono, regnò per primo Mangione il Digeritore, così chiamato perché dopo aver mangiato gli spaghetti sgranocchiava anche il piatto, e lo digeriva a meraviglia. Gli successe sul trono Mangione Secondo, detto Tre Cucchiai, perché mangiava la minestra in brodo adoperando contemporaneamente tre cucchiai d'argento: due li teneva lui con le sue mani, il terzo glielo reggeva la regina, e guai se non era pieno. Dopo di lui, nell'ordine, salirono sul trono di Mangionia, che era collocato a capo di una tavola imbandita giorno e notte:

Mangione Terzo, detto l'Antipasto;

Mangione Quarto, detto Cotoletta alla Parmigiana;

Mangione Quinto, il Famelico;

Mangione Sesto, lo Sbranatacchini;

Manigione Settimo, detto 'Ce n'è ancora?', che divorò perfino la corona, e sì che era di ferro battuto;

Mangione Ottavo, detto Crosta di Formaggio, che sulla tavola non trovò più nulla da mangiare e inghiottì la tovaglia;

Mangione Nono, detto Ganascia d'Acciaio, che si mangiò il trono con tutti i cuscini.

Così la dinastia finì. "

 

Favole al telefono è una raccolta di favole scritte nel 1962 da Gianni Rodari, scrittore e giornalista italiano. I personaggi che popolano queste storie sono buffi e surreali, a volte grotteschi: inseriti in un contesto quotidiano e ordinario, diventano protagonisti di favole delicate e dolcissime, capaci di conquistare tanto i lettori più giovani quanto quelli più navigati.

 

Consigliato per tutti i gusti e per tutte le età.

 

 

 

 

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18 novembre 2011 5 18 /11 /novembre /2011 19:56

" 'Quale panzana mamma?! Adesso non mi diventare paranoica'.

'Stai via per parecchio tempo, poi ritorni, poi te ne vai di nuovo… non sono paranoica, sono preoccupata. Non fai nulla d’illegale o di pericoloso vero? Io e tuo padre, buonanima, ti abbiamo educato bene…'

Oddio, che non faccia nulla d’illegale non posso dirlo. Che le maggiori intelligence mondiali sarebbero liete di strapparmi il cuore in cambio delle informazioni in mio possesso è un fatto. Però cara mamma, mettendo tra bene e male tutte le tonalità cromatiche fra bianco e nero, sento di trovarmi in una casella grigio pallido. Più tendente al clorofilla che al fumo di Londra.

'Stai tranquilla. Sto parecchio tempo fuori perché sono un venditore di successo. Lavoro tanto e sono richiesto in molti posti'."


L'eredità di Iside è un romanzo scritto nel 2011 da Francesco Gioè, scrittore italiano. La trama segue le vicende di Gregorio, agente del GRIV, organizzazione dedita a combattere " tutti i fenomeni di alterazione dei processi naturali di questo nostro mondo agendo con la massima discrezione e con cinica risolutezza". L'eredità di Iside mescola elementi del romanzo d'avventura con i temi forti del noir, descrivendo un mondo cupo, pieno di intrighi e misteri secolari.

 

Consigliato per tutti i gusti.

 

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16 novembre 2011 3 16 /11 /novembre /2011 07:59

"  I met a traveller from an antique land

Who said: Two vast and trunkless legs of stone
Stand in the desert. Near them on the sand,
Half sunk, a shatter'd visage lies, whose frown
And wrinkled lip and sneer of cold command
Tell that its sculptor well those passions read
Which yet survive, stamp'd on these lifeless things,
The hand that mock'd them and the heart that fed.
And on the pedestal these words appear:
"My name is Ozymandias, king of kings:
Look on my works, ye Mighty, and despair!"
Nothing beside remains. Round the decay
Of that colossal wreck, boundless and bare,

The lone and level sands stretch far away."

 

Ho incontrato  un viaggiatore, da una terra antica,

Mi ha detto: ‘Due immense gambe di pietra prive di busto

Si ergono nel deserto. Accanto a loro, sulla sabbia,

Mezzo sepolto,giace un volto in frantumi, il cui cipiglio,

E il labbro raggrinzito, e il ghigno del secco comando,

Dicono che il suo scultore colse quelle passioni

Che ancora sopravvivono, scavate su queste pietre senza vita,

Alla mano che se ne fece gioco e al cuore che la nutrì.

E sul piedistallo appaiono queste parole:

“Il mio nome è Ozymandias , Re dei Re:

Ammirate le mie opere,O Potenti , e disperate!”

Nulla accanto rimane. Intorno alla rovina

Di quel colossale rudere, senza confini e spoglie

Le  sabbie piatte e solitarie si estendono all ’infinito.

 

Ozymandias è un sonetto scritto nel 1818 da Percy Bysshe Shelley, poeta inglese. Il sonetto contiene una importante riflessione sul potere del tempo, sulla fragilità degli uomini e dei loro imperi; dopo secoli trascorsi nelle sabbie del deserto, dell'impero di Ozymandias non rimane più alcuna traccia: l'iscrizione sul piedistallo rivela tutta la sua arroganza e l'eternità delle leggi naturali, capaci di prendersi gioco della vanità dell'essere umano.

 

Consigliato per tutti i gusti e per tutte le età.

 

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14 novembre 2011 1 14 /11 /novembre /2011 20:10

" E' impossibile dire come l'idea mi sia entrata per la prima volta nel cervello. Ma non appena l'ebbi concepita mi ossessionò notte e giorno. Scopo non ne avevo. Odio neppure. Volevo bene al vecchio. Non mi aveva mai fatto del male. Non mi aveva mai insultato. Non desideravo il suo oro. Credo fosse il suo occhio! Sì, fu proprio così! Aveva l'occhio di un avvoltoio, un occhio pallido, azzurro, coperto di una pellicola. Ogni volta che esso si posava su di me il mio sangue si raggelava, e così per gradi, oh, per gradi molto lenti, io decisi di togliere la vita al vecchio, e sbarazzarmi così per sempre di quell'occhio."

 

Il cuore rivelatore è un racconto breve scritto nel 1843 da Edgar Allan Poe, scrittore e poeta statunitense. La trama è incentrata sull'assassinio di un vecchio da parte del protagonista, un uomo "estremamente nervoso": la sua follia, in seguito, lo porterà a tradirsi davanti ad alcuni funzionari della questura. Oltre ai temi spesso presenti nelle opere di Poe, come la pazzia e l'omicidio, questa novella contiene anche un interessante spunto di riflessione sul senso di colpa e sul rimorso.

 

Consigliato per tutti i gusti.

 

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13 novembre 2011 7 13 /11 /novembre /2011 21:02

                                         L'orologio suona le undici

FAUST. Ah, Faust,

ormai ti resta solo un'ora di vita,

e poi sarai dannato perpetuamente!

Ferme, sfere del cielo sempre in moto!

Che il tempo cessi, mai giunga mezzanotte;

occhio bello del mondo, risorgi, accendi

un giorno eterno, o che quest'ora duri

un anno, un mese, una settimana, un giorno,

così Faust si pente e salva l'anima!

Lente, lente currite, noctis equi!

Ma il cielo gira, il tempo corre, l'ora suonerà,

verrà il diavolo, Faust è perduto.

Salirò fino a Dio! No, mi trattengono!

Guarda, il sangue di Cristo che inonda il cielo!

Una goccia e mi salvo! Mezza! O Cristo!

Non mi strappate il cuore perché lo nomino!

Ma io lo chiamerò! Pietà, Lucifero!

Ma dov'è! Se n'è andato! E lassù Dio

stende il suo braccio e mi fissa arcigno:

Colli e montagne, crollatemi sopra,

nascondetemi all' ira di Dio tremenda.

No, no!

Mi butto allora testa in giù nella terra:

apriti, terra! Oh no, non vuole accogliermi.

Voi stelle che regnaste sulla mia nascita,

predestinandomi alla morte e all'inferno,

risucchiatemi adesso come un vapore

nelle viscere gravide di quelle nuvole,

e quando vomitate nell'aria, il corpo

uscirà dalle vostre bocche fumanti,

e l'anima per forza volerà al cielo.

 

La tragica storia del Dottor Faust (The Tragicall History of the Life and Death of Doctor Faustus) è un'opera teatrale scritta nel 1592 da Christopher Marlowe, drammaturgo e poeta britannico. La trama è incentrata sulle decisioni del dottor Faust, talmente avido di conoscenza da stipulare un patto con il diavolo: in cambio della conoscenza e dei servizi di Lucifero, Faust offre in pegno la sua anima; dopo 24 anni passati sulla Terra, l'anima del dottore sarà condannata alle pene dell'inferno.

 

Consigliato per tutti i gusti.

 

 

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12 novembre 2011 6 12 /11 /novembre /2011 21:48

" Trovai quindi naturale che il primo pensiero di Cosimo, a quell'ingiusto accanirsi contro di lui, fosse stato d'arrampicarsi sull'elce, albero a noi familiare, e che protendendo i rami all'altezza delle finestre della sala, imponeva il suo contegno sdegnoso e offeso alla vista di tutta la famiglia. 'Vorsicht! Vorsicht! Ora casca, poverino!', esclamò piena d'ansia nostra madre, che ci avrebbe visto volentieri alla carica sotto le cannonate, ma intanto stava in pena per ogni nostro gioco. Cosimo salì fino alla forcella d'un grosso ramo dove poteva stare comodo, e si sedette lì, a gambe penzoloni, a braccia incrociate con le mani sotto le ascelle, la testa insaccata nelle spalle, il tricorno calato sulla fronte. Nostro padre si sporse sul davanzale. 'Quando sarai stanco di star lì cambierai idea!', gli gridò. 'Non cambierò mai idea', fece mio fratello dal ramo. 'Ti farò vedere io, appena scendi!' 'E io non scenderò più!' E mantenne la parola."

 

Il barone rampante è un romanzo scritto nel 1957 da Italo Calvino, scrittore italiano. La trama segue le vicende del giovane barone Cosimo Piovasco di Rondò che, dopo un litigio con il padre, decide di passare il resto della sua vita sugli alberi, senza mai toccare terra. Questa scelta, nata dal rifiuto di mangiare un piatto di lumache, cambierà radicalmente la vita di Cosimo: agile come un animale selvatico, saprà costruirsi una propria morale e coerenza. Con leggerezza e ironia, Il barone rampante dimostra come sia facile scegliere uno stile di vita e come sia difficile rispettarlo, perennemente "sospesi" a mezz'aria fra le incertezze dell'esistenza, proprio come Cosimo. 

 

Consigliato per tutti i gusti e per tutte le età.

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