" Dida, da ragazza, si pettinava in un certo modo che piaceva non soltanto a lei, ma anche a me, moltissimo. Appena sposata, cangiò pettinatura. Per lasciarla fare a suo modo io non le dissi che questa nuova pettinatura non mi piaceva affatto. Quand'ecco, una mattina, m'apparve all'improvviso, in accappatojo, col pettine ancora in mano, acconciata al modo antico e tutt'accesa in volto. 'Gengè!' mi gridò, spalancando l'uscio, mostrandosi e rompendo in una risata. Io restai ammirato, quasi abbagliato.
'Oh,' esclamai, 'finalmente!'
Ma subito ella si cacciò le mani nei capelli, ne trasse le forcinelle e disfece in un attimo la pettinatura.
'Va'là!' mi disse. 'Ho voluto farti uno scherzo. So bene, signorino, che non tipiaccio pettinata così!'
Protestai, di scatto: ' Ma chi te l'ha detto, Dida mia? Io ti giuro, anzi, che...' Mi tappò la bocca con la mano.
'Va'là!' ripetè. ' Tu me lo dici per farmi piacere. Ma io non debbo piacere a me, caro mio. Vuoi che non sappia come piaccio meglio al mio Gengè?' E scappò via. Capite? [...] E io - ora che tutto alla fine mi s'era chiarito - cominciai a divenire terribilmente geloso - non di me stesso, vi prego di credere: voi avete voglia di ridere! - non di me stesso, signori, ma di uno che non ero io, di un imbecille che s'era cacciato tra me e mia moglie; non come un'ombra vana, no, - vi prego di credere - perché egli anzi rendeva me ombra vana, me, me, appropriandosi del mio corpo per farsi amare da lei."
Uno, nessuno e centomila è un romanzo scritto nel 1926 da Luigi Pirandello, poeta, drammaturgo e scrittore italiano. Il romanzo si presenta come un lungo monologo del protagonista, Vitangelo Moscarda, intento a ripercorrere le varie fasi della sua "pazzia" che ha preso l'avvio da una banale considerazione sul suo naso da parte di sua moglie. Interpellando direttamente il lettore, Moscarda rifletterà sul concetto di persona scoprendo che ogni essere umano può, a ben vedere, venire considerato come uno, nessuno e centomila.
Consigliato per tutti i gusti e per tutte le età.